lunedì 9 maggio 2011

L'isola dell'angelo caduto - Carlo Lucarelli

Da allora, anche anni e anni dopo che gli eventi si furono conclusi, conclusi e mai dimenticati, ogni volta che guardava il mare, e vedeva la schiuma di un'onda spaccarsi su uno scoglio, e sentiva le gocce che si schiacciavano sul vetro della finestra a cui appoggiava la fronte, ogni volta, ovunque si trovasse, gli tornava in mente la notte che arrivò sull'isola.
Era così buio quella notte che il vielo e il mare erano la stessa cosa, talmente neri e stretti e lucidi che sembrava di stare sospesi nel vuoto. E se serrava le palpebre, e le copriva con la mano, e premeva, forte, lo spazio che vedeva dietro gli occhi, cieco come quello in cui si formano i pensieri, era nero come quel mare e quel cielo, infinito e nero. E anche il sale che gli toccava le labbra, e quel sapore sottile di petrolio e motore e il sospiro appena soffiato del legno che sfiorava il mare sembravano venire dal niente e svanire subito nel silenzio opaco e nell'odore immbobile di quella notte. Mentre sedeva rigido in fondo alla barca, schiacciato dalla nausea e dall'angoscia, sentiva Hana rabbrividire di un freddo innatural e stringergli il braccio, attaccata a lui come se avesse paura di cadere in acqua.


L'isola dell'angelo caduto - Carlo Lucarelli




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