venerdì 17 novembre 2017

Un anno di newsletter - Appunti dal tavolino di un bar

Domenica scorsa ho spedito l'edizione numero 52 di Appunti dal tavolino di un bar, la newsletter che ho messo in piedi l'anno scorso. Nella prima mail ufficiale avevo attaccato dicendo:

"Buondì,

se ricevi questa mail è perché ti sei iscritto alla mia newsletter, Appunti dai tavolini di un bar. Grazie!

Si tratta della prima mail, quindi questa e le prossime saranno un po' un banco di prova. Nelle mie intenzioni scriverò di cose che mi interessano, mi divertono e del mio lavoro."

Dopo un anno posso dire che è ancora in tutto e per tutto un banco di prova, perché sto imparando a scriverla, pensarla e gestirla una settimana via l'altra, cercando di avere un piano abbastanza organizzato ma in realtà improvvisando parecchio.

Caffè, suplex e fumetti.

L'improvvisazione più grossa è stata la decisione di spedire ogni domenica la sceneggiatura di una tavola autoconclusiva scritta da me, usando una gabbia con un numero di vignette ben preciso: 9 vignette, 12 vignette, 6 vignette e così via a scalare. Per ciascuna gabbia ho spedito un numero di tavole uguale al numero di vignette, quindi 9 tavole a 9 vignette, 12 tavole a 12 vignette e così via. Per puro caso si è creato un conto alla rovescia che è finito con 1 tavola con 1 vignetta spedita proprio nell'edizione 52. Vorrei bullarmi di averlo fatto apposta ma è stata solo una botta di culo che mi ha colto di sorpresa.

Di sorpresa mi ha colto soprattutto il feedback che ho ricevuto da parte di chi sta seguendo la newsletter. Non solo alcuni mi dicono regolarmente cosa pensano di quanto scrivo, ma mi arrivano pure segnalazioni interessanti di articoli, video, libri e fumetti da recuperare. E pure di autori e autrici che non conoscevo che disegnano e scrivono alla grande.

Scritta da me e disegnata da Eleonora Antonioni

Altra improvvisazione è stata quella di chiedere ad alcuni di disegnare una delle tavole autconclusive. Non solo hanno accettato più persone di quanto pensassi, ma hanno fatto un lavoro ottimo senza risparmiarsi e potete vederne un paio in questo post, oppure andare qua dove le sto raccogliendo e aggiungerò altre tavole attualmente in preparazione. Perché, altro momento per me stupefacente, alcuni fumettisti mi hanno contattato per sapere se ho una tavola a disposizione per loro.

Queste collaborazioni sono per me molto importanti perché mi stanno aiutando a fare un certo tipo di fumetto seguendone passo passo la realizzazione, permettendomi di dialogare direttamente con chi le disegna e ragionare insieme sulla soluzione migliore. Si tratta di un aspetto che penso sia fondamentale nell'imparare a fare fumetti e che mi pento parecchio di non aver iniziato a fare ben prima e con più regolarità.

Scritta da me e disegnata da Lorenzo Magalotti
Come rosico di aver tergiversato almeno due anni dicendomi "Dovrei aprire una newsletter!" invece di farlo e basta. Ma cosa (non) fatta capo ha, quindi ora meglio concentrarsi sul secondo anno di Appunti dal tavolino di un bar. Ho un paio di idee da sviluppare nei prossimi mesi, tra cui trovare il modo di far conoscere di più la newsletter. A questo servono le cartoline che vedete nella foto qua sopra: voglio vedere se parlarne al di fuori della rete può funzionare o meno, lasciandole qua e là per la città. Certo, le ho fatte creare da Luca e le ho stampate anche perché c'è quella parte di me che adora i prodotti cartacei, quindi mi piace proprio l'idea di averle.

Stesso motivo per cui mi piacerebbe fare una raccolta del meglio della newsletter in versione cartacea. Su questo devo ragionarci sopra per capire sia cosa infilarci dentro ma anche come redigerla e come stamparla. Vedremo.

Per cui se siete curiosi di vedere come si sviluppa la newsletter di uno che ha un piano ben congeniato con ampi spazi di manovra, potete iscrivervi andando qua e inserendo il vostro indirizzo mail. Non costa nulla e vi spammo solo una volta a settimana.

venerdì 10 novembre 2017

Inktober 2017 - un paio di cose che ho capito facendolo


Con mio stupore, sono riuscito a completare l'Inktober 2017 senza saltare nemmeno un giorno. La sfida consisteva nel fare un disegno diverso a china al giorno, seguendo una lista di termini cui ispirarsi, che trovate qua sul sito ufficiale della sfida, ideata da Jake Parker. Per me che non so disegnare si è trattato di un'esperienza interessante e a suo modo istruttiva. Date le mie scarse capacità ed esperienza ho dovuto giocare di sottrazione, tentando di rendere con il numero minimo di immagini e tratti quello che volevo dire. Per questo motivo ho scelto un omino stilizzato come soggetto, e non potendo certo giocare di sottigliezze in quanto a recitazione del corpo e del volto, ho optato per un stile molto esagerato e caricato per riuscire a far capire sia cosa facesse sia cosa provasse.



Per gli stessi motivi ho scartato un sacco di idee che mi venivano in mente perché mi redevo conto che, molto banalmente, non ero in grado di renderle graficamente. Questo è stato uno dei motivi per cui una volta letta la parola del giorno per ispirarsi, non mi sono limitato alla prima definizione utile data dal dizionario ma ho approfondito andando a cercarne una che mi permettesse di disegnare qualcosa per me fattibile. Per farvi due esempi di questo: il signifcato più comunque di "shy" è "timido", ma ho scoperto che può anche significare "scagliare via", e mi è venuto molto più facile disegnare un'azione molto semplice rispetto a un'espresisone per me molto complessa, mentre "run" di solito significa "correre", ma dato che avevo già fatto correre l'omino ho optato per "serie di cose simili tra loro". 



Inoltre la presenza nella maggior parte delle vignette di due protagonisti è stata del tutto casuale. Con la vignetta del secondo giorno il povero omino stilizzato è stato segato in due, e da lì in poi è andato alla ricerca o è fuggito alla sua parte di sotto. Avere due "personaggi" distinti e in conflitto si è rivelato ottimo, perché mi ha dato modo di avere una minima base da cui partire per ipotizzare la scena: per la gioia di ogni teorico della narrativa, quando una narrazione si basa su di un conflitto risulta quasi sempre più accattivante. E per chi scrive è molto utile perché si ha sempre una certezza a cui tornare quando le idee si fanno confuse: bianco contro nero, bene contro male, dio contro satana.

Credo non sia un caso se, secondo me, le più deboli siano proprio le ultime tre, in cui le due metà si sono riunite, per quanto riunite in maniera sbagliata per tenere il più posisbile il conflitto tra i due.



Per queste necssità, bene o male tutte le immagini non sono altro che piccole gag sceme in stile slapstick in cui i due protagonisti si rincorrono e scontrano. Credo sia uscita, lungo questa serie, la mia passione per i cartoon in stile Warner Bros., Hanna & Barbera e simili dove ci sono due protagonisti fissi che si scontrano in eterno: Tom&JerrySilvestro&TittiSpyVsSpy. E rimanendo in ambito fumettistico ci butto lì un Krazy Kat.

Non mi sto comparando a questi classici, sia chiaro, ma mi sta facendo riflettere come scrivere senza pensarare troppo a sovrastrutture, trame e interpretazioni mi abbia fatto andare in maniera piuttosto automatica a pescare da cose che amo da quando sono bimbo, senza neppure tutte le riflessioni tecniche che mi pongo di solito quando invece mi siedo alla scrivania per "sceneggiare come i professionisti". Anche perché, come accennavo sopra, trattandosi di sketch/illustrazioni/vignette, non è fumetto vero e proprio mancando la sequenza tra vignette, per cui è qualcosa di un po' diverso dal solito per quanto mi riguarda.



Cosa strana, per me, è stato inoltre disegnare per essere letto da tutti. Di norma i layout che faccio per le mie storie sono per uso personale, e infatti sono spesso incomprensibili accrocchi di dialoghi, frecce per indicare i movimenti e onomoatopee con una faccia per farmi capire che succede. Queste vignette invece mi hanno costretto a ragionare ancora di più sul disegno, i segni e sulle immagini di quanto già faccia di solito sceneggiando. Non potendo appoggiarmi alla bravura di un disegnatore che ha un bagaglio tecnico enorme per rendere quanto scrivo io, mi sono dovuto sforzare di trovare da me la soluzione grafica più consona. Con tutti i limiti cui accennavo sopra.

Si è trattato per cui di un esercizio molto utile, che spero di replicare l'anno prossimo. Se volete scrivere fumetti ma non sapete disegnare vi consiglio caldamente di provare: sarete costretti a scoprire se siete in grado di raccontare qualcosa al di là del saper disegnare.

Se volete vedere tutti i miei Inktober potete andare sul mio tumblr a questo link, dovrebbero mostrarvisi tutti.


giovedì 14 settembre 2017

Dietro le quinte di Videopoker, scritto da Davide Costa e disegnato da Eleonora Antonioni

Ho scritto una tavola autoconclusiva ed Eleonora Antonioni l'ha disegnata. Vi mostro subito la tavola, mentre più sotto trovate la sceneggiatura, un mio layout terribile e un paio di mie riflessioni.

Clicca che si allarga

Sono molto contento che Eleonora l'abbia disegnata, perché credo abbia un gran tocco nel riuscire a far trasparire inquietudine e malessere in maniera sottile e non didascalica. Il tutto in un contesto al 100% realistico che rende la cosa ancora meno facile. Ma i disegni parlano da soli, così come tutto quello che trovate sul suo sito personale.

Nell'immagine che segue potete leggere la sceneggiatura che ho inviato a Eleonora, e se l'immagine risulta poco chiara la potete scaricare in pdf da qua


Clicca che si allarga.
Nella sceneggiatura ho suggerito di aumentare, di vignetta in vignetta, le dimensioni del PAM che indica il pigiare i tasti del videopoker, cosa che mi pare funzioni bene per sottolineare il crescendo della frustrazione della protagonista. L'idea di dare quel suggerimento mi è venuta scarabocchiando il layout della tavola, che trovate qua sotto:

Clicca che si allarga

Come vedete, nel layout mi sono limitato a isnerire i suoni. Questo perché avevo deciso di tenere il più possibile simili le immagini, quindi non avevo bisogno di pormi troppi problemi su dove inserire i personaggi. Per questo motivo mi pareva giusto sfruttare le onomatopee, ed è proprio scribacchiando i layout che mi é venuta l'idea di chiedere di disegnare il PAM sempre più grande e lasciare il DLN DLN DLN sempre uguale e monotono. Le onomatopee, così come i balloon e il lettering, sono elementi essenziali nel racconto a fumetti, per cui non solo è lecito sfruttarle ma molto auspicabile. Sottolineo lo scriabacchiare perché sono convinto che scrivere fumetti richieda ragionare il più possibile per immagini, per cui prendere carta e matita può aiutare a farsi venire in mente soluzioni che limitandosi a scrivere, forse, non verrebero fuori. Inoltre: Eleonora non ha mai visto questo layout, è servito solo a me per chiarirmi le idee. A meno di non avere richieste davvero incasinate, penso che dare dei layout a chi disegna sia un po' invadente, ma ogni storia è diversa quindi non lo escludo a priori.

E ora il momento dell'autocritica: forse per sottolineare il tempo che passa avrei potuto chiedere di inserire clienti che fanno cose in orari evidentemente diversi. Tipo: uno che fa colazione in vignetta 2, due che pranzano in vignetta 3, gruppo che fa aperitivo in vignetta 8. Nella versione definitiva, devo dire, la scarsità di clientela mi pare sottolinei meglio la desolazione della situazione, rendendo il luogo in cui si trova una sorta di non-luogo. Quindi non saprei bene quale delle due eventuali versioni sceglierei. Ma tanto credo sia così per tutti quelli che fanno storie, si consegna quando ti convince, non quando ti convince al 100%.

La sceneggiatura l'ho scritta e spedita qualche tempo fa agli iscritti della mia newsletter, Appunti dai tavolini di un bar. Se vi incuriosisce leggere sceneggiature di fumetti non ancorsa scritti, seguire i miei lavori e cose che trovo interessanti, potete iscrivervi andando a questo link. La aggiorno ogni domenica da 43 settimane e conto di non mollare il colpo. Scoprite se ci riesco.




domenica 10 settembre 2017

Workshop sceneggiatura fumetto a Genova 7-8 ottobre 2017

Terrò un workshop dedicato alla sceneggiatua di fumetti, qui a Genova, il 7-8 ottobre.



Parleremo di teoria solo per metterla subito in pratica per scrivere fumetti insieme. Voglio che alla fine del workshop gli studenti si trovino in mano qualche tavola di fumetto sceneggiata da loro, una conoscenza della terminologia di base con cui scrivere le sceneggiature e le idee, spero, più chiare su come funziona il racconto a fumetti.



Dato che i fumetti funzionano per immagini, parleremo e scriveremo soprattutto per immagini: ragioneremo su come funzionano inquadrature, campi, piani ma anche del perché certe immagini sono meglio di altre per raccontare quello che ci passa per la testa.

Aperto a tutti, dall'esordiente che sta iniziando ma anche a chi magari scrive sceneggiature da qualche tempo e vuole mettersi alla prova. E se siete disegnatori, potrebbe essere interessante provare a sceneggiare per un paio di giorni e vedere con gli occhi dello sceneggiatore.

Ovviamente farò scrivere almeno una tavola autoconclusiva, ma non solo.



Per me si tratta di una nuova avventura, dato che a parte qualche lezione e chiacchiera sporadica come ospite, non ho mai avuto modo di fare un workshop vero e proprio.

Riassumendo: due giornate dalle 10 alle 18:30, 200€ per iscriversi e si terrà raggiungendo il numero minimo di iscritti. Se siete interessati mandate una mail a info@mgmgenova.it oppure chiamate il 389-4838387. Si terrà presso MGMGenova, di cui vi allungo la pagina facebook dove trovate anche l'indirizzo della sede. Ve lo ripeto: per iscrivervi mandate una mail non a me ma a info@mgmgenova.it. Se invece volete delucidazioni su come sarà impostato il workshop, scrivete pure a me. 

martedì 22 agosto 2017

[Dietro le quinte] Il Battesimo - Sceneggiatura di Davide Costa - Disegni di Francesco Segala - Supervisione lettering di Maria Letizia Mirabella

Ho scritto una tavola autoconclusiva, Francesco Segala l'ha disegnata e Maria Letizia Mirabella ne ha supervisionato il lettering. Qua sotto vi mostro subito la tavola finita, e più giù la sceneggiatura e un po' di dietro le quinte.

Clicca che s'allarga
Sono molto contento di aver collaborato con Francesco e Maria Letizia, stanno entrambi facendo un bel po' di cose belle e interessanti e vi riamndo ai loro siti per scoprirne alcune, basta cliccare sui loro nomi.

Qua sotto invece vi lascio la sceneggiatura della tavola, se l'immagine è poco leggibile potete scaricarla in pdf da questo link.

Clicca che s'allarga.
Scrivendola, il dubbio su cui mi sono fermato di più è stato: come gestisco i flashback? Per parecchio non mi sapevo decidere se usare l'alternanza che vedete nella tavola finita, oppure usarne una che, disegnata, sarebbe risultata ad X, quindi scambiando di posto le vignette 3 e 4 tra di loro. Parlandone anche con Francesco mi sono deciso che la soluzione finale è quella che funziona meglio. Dal layout agghiacciante fatto dal sottoscritto che vi lascio qua sotto, potete vedere che il dubbio sui flashback mi ha preso da subito abbozzando la tavola.




Le scelte cromatiche che vedete nella tavola sono tutte di Francesco, sia l'uso del rosso dominante nei flashback che la "sottolineatura" nella cicatrice e nella bomba. Scelte a cui non avevo pensato e che trovo molto molto efficaci, ma dopotutto Francesco è anche colorista e si vede quanta attenzione ci metta nell'usare il colore non per riempire ma per raccontare. 

Vi lascio in chiusura i layout usati da Francesco per disegnare la tavola, nonché una foto usata come reference per caratterizzare la protagonista, ovvero l'attrice Melissa George.










La sceneggiatura l'ho spedita in anteprima agli iscritti della mia newsletter, Appunti dai tavolini di un bar. Nella mewsletter parlo del mio lavoro, di cose in preparazione, di cose che mi interessano e molto spesso spedisco la sceneggiatura di una tavola autoconclusiva. Caso mai vi andasse, potete iscrivervi a questo indirizzo inserendo la vostra mail.

mercoledì 9 agosto 2017

Dietro le quinte di Chi si somiglia si piglia - sceneggiatura di Davide Costa e disegni di Lorenzo Magalotti

Ho scritto una tavola autoconclusiva e Lorenzo Magalotti è stato così gentile da disegnarla. Più sotto trovate la sceneggiatura che ho scritto, e in chiusura del post una versione alternativa della sceneggiatura dell'ultima vignetta. La tavola disegnata da Lorenzo invece ve la beccate subito. Il titolo è Chi si somiglia si piglia.



La tavola l'abbiamo spedita a La Vetta del Terrore, un concorso per fumetti horror creato, curato e coordinato da Mortimer Cobold, losco figuro che mi ha spedito un invito a partecipare. Per fortuna ho trovato un perfetto compagno di ventura in Lorenzo, per cui potete leggere la nostra tavola sulla pagina ufficiale di La Vetta del Terrore, a questo indirizzo. E una volta lì, gironzolate per la pagina che iniziano a esserci diversi fumetti molto interessanti.

Mortimer ha deciso di smembrare la tavola in quattro pezzi, non so se per dilettare il suo lato sadico da organizzatore horror o altro. Trovo comunque interessante poter leggere la tavola in due versioni, e come rimanga ben leggibile e coerente in entrambi i casi. Penso che questo sia possibile grazie al gran bel lavoro svolto da Lorenzo coi suoi disegni e la sua regia chiara e precisa.

L'abbacinante bellezza di Lorenzo e dei suoi layout.

La sceneggiatura, che potete leggere qua sotto e che trovate in formato pdf qua, l'ho scritta qualche settimana fa, come esercizio sulla tavola a 12 vignette tutte di identica dimensione. 




Come dicevo in apertura del post, ecco una versione alternativa dell'ultima vignetta:


La differenza risiede solo nell'uso di un dialogo anziché di una dida. Nella tavola finita ho preferito la dida perché mi piace l'ambiguità che dona alla tavola. Non sappiamo bene quando l'impostore/sosia del protagonista dice quelle frasi. Magari le ha dette prima di legare il tizio come un salame, magari gliele dice dopo. Magari non ha detto una parola e le pensa e basta. Inserendo invece una battuta nell'ultima vignetta le cose si fanno più chiare e dirette.

Io preferisco la prima opzione, ma mi piaceva mostrarle entrambe in questo dietro le quinte. Dietro le quinte che è stata letto in anteprima da tutti gli abbonati di Appunti dai tavolini di un bar, la mia newsletter che spedisco ogni domenica da 38 settimane filate. La uso per parlare del mio lavoro, di cose che mi piacciono e di riflessioni, un po' abbozzate un po' in divenire, sulla narrativa e altre cose. Inoltre ci inserisco (quasi) sempre la sceneggiatura di una tavola autoconclusiva e alcune di queste tavole, a volte, vengono poi disegnate. Per cui se siete curiosi potete iscrivervi alla newsletter andando a questo link e inserendo il vostro indirizzo mail nell'apposita casella.

lunedì 17 luglio 2017

Il Bus di Paul Kirchner è una striscia a fumetti molto particolare

C’è un tizio che aspetta l’autobus. Come premessa per una striscia a fumetti non sembra tra le più stimolanti. Eppure Paul Kirchner ne ha tirato fuori The Bus, una delle strisce comiche più interessanti che abbia letto, apparsa su Heavy Metal a partire dal 1979. Per farvi davvero un’idea del lavoro di Kirchner la cosa migliore è leggere le strisce che ho selezionato lungo questo post, o andare in questa gallery dove ne trovate parecchie.

Considerarla solo una striscia comica penso sia un disservizio al lavoro di Kirchner. Di sicuro un bel numero di strisce hanno un’impronta umoristica parecchio marcata giocando sulle aspettative del lettore e sui cliché dell’autobus come luogo-nonluogo che bene o male conosciamo tutti. Ma spesso Kirchner si diverte a usare le sue influenze di scuola surreale con rimandi più o meno espliciti ai maestri della pittura, usando il bus, la fermata, la strada e la città come elementi che a volte si fondono tra loro, a volte si compenetrano, a volte diventano la striscia o la vignetta.
Mi diverte molto il suo approccio parecchio rigido alla gabbia della striscia, che è quasi sempre divisa in vignette tutte uguali tra di loro, che gli permettono di giocare sul contenuto delle singole vignette e della striscia nel suo complesso, creando loop infiniti tra la prima e l’ultima. O, in alcui casi, anche giocando col senso di lettura della striscia che, se disorienta l’anonimo protagonista, rimane mi pare sempre molto leggibile e chiara al lettore.

Ed è questo un altro aspetto che mi piace molto di come Kirchner disegni le sue strisce di The Bus: sia che si tratti di battute leggere o di momenti più cerebrali e surreali, direi che non bara mai nei confronti del lettore con soluzioni del tutto campate in aria e inconcludenti. Ci sono sempre un rigore e una costruzione a monte che secondo me aumenta il senso di sbilenca realtà irreale in cui si muovono l’anonimo protagonista, il bus e il conduttore. E il fatto che riesca a fare tutto questo usando quasi sempre strisce mute è per me ammirabile.

Roba da godersi ma pure da rileggere con calma e studiare. Io mi sono comprato i due volumi editi da Tanibis Editions, cartonati che raccolgono anche le strisce più recenti. Kirchner infatti smise di lavorare a The Bus quando la rivista Heavy Metal passò dalla mensilità alle quattro uscite annuali, dicendo che gli pareva di iniziare a sentire un po' di affaticamento nel mantenere la sua creazione fresca e interessante. Avendo letto il secondo volume con le strisce nuove, direi che il periodo sabbatico interrotto nel 2013 non solo non lo ha fatto arrugginire dal punto di vista tecnico, ma di sicuro gli ha fatto passare la sttanchezza creativa. Ammesso ce l'abbia mai davvero avuta.

giovedì 8 giugno 2017

Scrivere fumetti: la stessa tavola sceneggiata in tre modi diversi.

Una frase che incontrate spesso se seguite gente che fa un lavoro creativo è "Non importa l'idea, importa come la esegui.". In questo post vi allungo le sceneggiature di tre tavole autoconclusive basate tutte sulla stessa idea: secondo me la terza è quella che funziona meglio, ma decidete voi quale preferite.

Due di queste, la versione 2.0 e la versione 3.0, le ho spedite nelle ultime settimane agli abbonati della mia newsletter, Appunti dai tavolini di un bar. Ho pensato però che potessere essere interessante vedere anche la versione 1.0, quindi le ho raccolte qua sotto. Ma la faccio breve e vi mostro le tavole. Il titolo è lo stesso per tutte, CONSEGUENZE.



CONSEGUENZE 1.0



In caso sia illeggibile, qui trovate la versione in pdf.

CONSEGUENZE 2.0
In caso sia illeggibile, qui trovate la versione in pdf.


CONSEGUENZE 3.0
In caso sia illeggibile, qui trovate la versione in pdf.

Come potete leggere, la differenza tra la 1.0 e la 2.0 è tutta nelle didascalie. Nella seconda versione ho preferito eliminare la voce narrante del protagonista. Nonostante le frasi mi piacciano, ho l'impressione che diano una chiave di lettura troppo precisa alla tavola. Per questo motivo nella seconda versione sono solo le immagini a raccontare quel che succde, spero in maniera comprensibile.

Rileggendo la 2.0 e iflettendoci sopra, ho pensato che il punto centrale della tavola è quanto accade alla maschera, per cui nella terza versione ho deciso di concentrare l'attenzione su di lei. Ho quindi cambiato alcune delle immagini ambientate nel presente, mantenendo inalterati i flashback. Sempre senza parole, perché credo sia abbastanza comprensibile anche muta.

Certo, se siete fan del wrestling o della Lucha Libre in particolare, è probabile che cogliate al volo quanto sia drammatico lo strappo della machera per un luchador. Però viviamo in tempi in cui i tizi mascherati la fanno da padrone al cinema e in tv, quindi penso che il senso di un simbolo identitario che viene distrutto possa essere decifrabile da molti.

Questo fa sorgere una delle domande che chi racconta storie deve sempre ricordare: a che pubblico mi rivolgo? All'appassionato di un certo argomento, che non ha bisogno di essere introdotto allo stesso, oppure a quello generico, che magari non ne sa una mazza?

Trattandosi di una tavola che scrivo soprattutto per me e per esericizio, ho deciso di rivolgermi a un ipotetico appassionato. Se si trattasse di una tavola scritta su commissione per una pubblicazione generica, opterei probabilmente sempre per la versione 3.0, perché le sue immagini mi convincono di più, ma credo inserirei, con qualche adattamento, il testo della 1.0 per evitare disguidi.

Perché va bene non essere didascalici, ma essere incomprensibili è meglio di no.

Poi è chiaro che il giudice finale è sempre il lettore. Quindi decidete voi quale versione sia più comprensibile ed efficace.

Se avete voglia di iscrivervi alla newsletter non dovete fare altro che andare qui e inserire il vostro indirizzo mail. Ogni domenica, finché mi regge, riceverete una mail con qualcosa di sceneggiato da me e un paio di appunti su cose che scrivo, leggo e vedo. 

Oltre all'occasionale riflessione o aneddoto sul wrestling. Lo so, non lo avreste mai immaginato.

giovedì 11 maggio 2017

Scrivere e disegnare fumetti: una sceneggiatura, due disegnatori, nove vignette

Ho scritto una tavola autoconclusiva usando una gabbia a 9 vignette, e due disegnatori molto bravi e molto gentili l'hanno disegnata. Sono Sergio Vanello (qui trovate il suo sito) e Luca Marcenaro (qui trovate il suo sito). Ognuno ha disegnato la tavola in completa autonomia, usando il proprio stile, la propria sensibilità e le proprie competenze di narratore. Ne sono uscite due tavole tanto diverse quanto ugualmente efficaci. Piuttosto che soffermarmi a sottolineare somiglianze e differenze, preferisco mostrarvele, insieme alla sceneggiatura scritta da me, così potete godervele e studiarvele con calma scoprendo da voi i dettagli. Eccole:

Disegni di Sergio Vanello. Clicca per ingrandire



Disegni di Luca Marcenaro. Clicca per ingrandire

Ed ecco la sceneggiatura su cui è basata:


Clicca per ingrandire.


Trovo sempre stimolante vedere come un disegnatore decida di interpretare una sceneggiatura. Anche in una tavola breve si possono notare scelte narrative, a livello di inquadrature, dettagli, recitazione dei personaggi o altro, che sono state fatte per raccontare al meglio la storia. Parlo di scelte narrative perché, per come la vedo io, chi disegna fumetti basandosi su sceneggiature altrui è altrettanto narratore di chi le scrive. In un linguaggio estremamente visivo come è il fumetto, pensare che il disegnatore sia solo un mero esecutore significa non aver ben chiaro come i fumetti si facciano, e nemmeno come funzionino a livello teorico e pratico.

La sceneggiatura l'ho pubblicata, in origine, nella mia newsletter, Appunti dai tavolini di un bar, su cui da qualche mese mi diverto a raccontare parte del mio lavoro e parte delle cose che mi interessano. Tra queste parti, ci sono diverse sceneggiature di tavole autoconclusive: ora come ora ne ho pubblicate 11 (se non sbaglio i conti) e ho intenzione di portare avanti questo esercizio. Per me è interessante utilizzare la newsletter come banco di prova per sperimentare un po' con formati e temi che mi incuriosiscono, e se alla lunga ne nascono collaborazioni come questa con Sergio e Luca, è tutto tempo speso benissimo.

In caso vogliate iscrivervi alla newsletter, potete farlo a questo indirizzo, mentre qua trovate l'archivio con le mail spedite fino a oggi, così potete farvi un'idea dei contenuti e decidere se iscrivervi o meno.

Un grandissimo grazie a Sergio e Luca per aver disegnato questa tavola, hanno fatto entrambi un gran lavoro e mi hanno dato modo di fare un passetto avanti col mio lavoro. Perché se scrivere, prendere appunti e sceneggiare è essenziale, vedere poi il fumetto fatto e finito non è solo una figata, ma pure un momento di studio e autocritica.

martedì 21 marzo 2017

Una battuta è nulla, senza un ritmo controllato

La differenza tra una battuta efficace e una battuta che non funziona sta molto spesso nel suo ritmo e nei suoi tempi. Certo, spesso è l'idea alla base della battuta a decretarne la genialità, ma un bello spunto mal sfruttato lascerà quasi tutti indifferenti e cadrà quasi sempre nel dimenticatoio.

Per puro caso (cazzeggiando ho trovato la gif che trovate più giù) mi è venuto sotto mano un esempio per illustrare questo punto, ed è legato a una delle battute più semplici ma più divertenti che abbia mai visto, tratta da Una pallottola spuntata. Vi linko il video che la racchiude, dandovi solo un po' di contesto: il tenente Drebin sta cercando un importante documento per incastrare il cattivone di turno. Ecco il video:


A me è rimasta così tanto impressa che, ormai, se sento parlare di Bingo mi suona in testa la voce di Drebin, a prescindere dal contesto.

Ma torniamo ai tempi comici e alla messa in scena. Qua sotto vi metto una gif animata della stessa battuta. Notate però la scritta che è stata aggiunta.



Ora, secondo me nella versione del video le cose funzionano grazie alla sequenza degli eventi: Leslie Nielsen apre di soppiatto un cassetto, trova qualcosa che noi non vediamo, ma la sua espressione colpita e il fatto che usi la classica esclamazione di chi ha trovato qualcosa di utile, ci portano ad aspettarci una rivelazione importante. Trattandosi di una commedia che sfotte tutti i cliché del poliziesco e altri generi, come appunto certe frasi fatte, scopriamo poi trattarsi solo di una cartella del Bingo, del tutto inutile ai fini dell'indagine, ma perfetta per il tono delirante del film. 

Gli autori mettono tutto in sequenza in modo da creare un'aspettativa che poi disattendono, che è uno dei capisaldi della comicità.

Nell'ipotetica versione della gif invece tutto questo non succede, perché Debrin apre di soppiatto il cassetto, trova qualcosa che noi non vediamo e lo colpisce, ce lo mostra facendoci vedere che si tratta di una cartella del Bingo e solo allora dice "Bingo!", ma a quel punto noi già sappiamo di che si tratta, quindi l'effetto è solo ridondante e pure un po' confuso.

Se gli autori del film avessero inserito la battuta di Nielsen dopo la rivelazione della cartella del Bingo, avrebbero bruciato una bella intuizione con una esecuzione raffazzonata.

Approfitto del post per ricordavi che Una pallottola spuntata è nato come telefilm, e vi consiglio di recuperare la serie che per certi versi è più delirante dei lungometraggi.


venerdì 3 febbraio 2017

Come leggere una sceneggiatura per fumetti, prima di scrivere a caso

Per imparare a scrivere fumetti bisogna leggere un sacco di fumetti. E bisogna leggere un sacco di sceneggiature per fumetti. Ma come si legge una sceneggiatura per fumetti? 

Una domanda lecita e ovvia, ma che non mi era mai venuta in mente. Per fortuna un paio di persone che seguono la mia newsletter me lo hanno chiesto dopo aver letto la sceneggiatura di una storia breve che ho spedito loro. Non avevo pensato che per alcuni potesse essere la prima occasione di leggere una sceneggiatura per fumetti. 

Per ovviare al problema ho scritto una tavola auotoconclusiva e ho inserito nel testo la spiegazione dei termini usati, della formattazione e di cosa indicano i vari paragrafi. La trovate qua sotto come immagine, e qui come pdf da scaricare. 



Clicca per ingrandire

Spero sia chiara, sottolineando che nel fumetto non esiste un unico modo di formattare il testo di una sceneggiatura, ma ne trovate dei più disparati. Quello che uso io è quello che, con minime variazioni, mi è stato insegnato lavorando nel mercato italiano. Però, ripeto, non è l'unico. Inoltre qui sotto trovate una guida minima alla terminologia usata per indicare inquadrature e piani.

Come sopra, prendete questa mini-guida non come LaVeritàAssoluta™, ma solo come una... guida, giusto per farsi un'idea di come funziona e avere una base da cui partire per approfondire.

Clicca per ingrandire


Spero possano tornarvi utili. In ogni caso se volete sceneggiare fumetti vi invito a provare i metodi in cui incappate ma ad adattarli poi al vostro stile, sia di scrittura che organizzativo.



martedì 10 gennaio 2017

Ho seguito un workshop di Brandon Sanderson perché non mi piace come scrive

Ho letto un solo romanzo scritto da Brandon Sanderson, il primo capitolo della saga Mistborn intitolato The Final Empire. Non mi è piaciuto. Quindi mi sono iscritto a uno suo workshop. Per farla brevissima e dirla all'inglese, il suo romanzo non è la mia tazza di tea. Nonostante le idee e gli spunti, che trovo molto interessanti, il modo di scrivere di Sanderson è parecchio distante da quello che mi piace leggere. Che è il motivo per cui mi sono iscritto al workshop. Ed è stato molto stimolante.


Brandon Sanderson non sta fermo un secondo quando spiega
Tra le varie idee che ha lanciato durante l'incontro di due ore, tenutosi a Lucca Comics And Games, ho trovato interessante il suo dividere gli scrittori, in linea di massima, in "giardinieri" e "architetti". Per giardiniere intende quelli che preferiscono scoprire in maniera un po' pellegrina le storie e i personaggi di cui scrivono, come ad esempio Stephen King. Per architetto intende quelli che preferiscono costruire passo passo la storia e i personaggi seguendo metodi bene o male codificati, come Orson Scott Card. O, come dice lui per primo, Sanderson stesso. Leggendo Mistborn la cosa mi pare evidente, come evidente è la sua passione per i GDR, i giochi in genere, l'essere un Master di gioco e avere una visione molto "regolamentata" della narrazione.

Non è detto che essere giardiniere o architetto sia una condanna a vita e, anzi, Brandon dice che per evitare di rimanere troppo incappucciati in un solo modo di scrivere, può essere un'ottima idea tentare un po' tutte e due gli approcci. Ad esempio dice di trovarsi bene con il cappuccio da architetto quando si tratta di creare la trama e il world buliding, ma pensa sia meglio diventare un po' giardinieri nel momento in cui si lavora ai personaggi. Questo perché, secondo lui, i personaggi spesso dettano la trama e non è raro che un'idea per cambiare la trama, o magari far nascere una sottotrama, possa nascere da qualche rimuginamento su di un personaggio.

Copertina di Sam Green
A proposito di sottotrame: per tenere le cose sotto controllo e rendersi conto se nei suoi romanzi ci sono un numero di sottotrame che lui reputa giusto, e soprattutto utile alla riuscita del romanzo, Sanderson usa una lista che le rubrica a seconda del tipo. Alcune sono:

mistery
relationship
adventure
issue
horror
idea

e altre che possono, o non possono, entrare nella storia. Perché il punto di costruire la trama e i personaggi è proprio quello di fare scelte precise che aiutino la storia, non buttare dentro cose a caso e andare per accumulo tanto per. I metodi servono proprio a questo: darsi modo di chiarirsi le idee e rendersi conto di che si scrive e come.

Uno dei modi che usa per tenere traccia delle sottotrame e vedere come si intersecano tra loro è quello dei bracket. Io, per chiarirmi le idee, ho tradotto bracket come parentesi perché il principio mi pare chiaro: se apro la sottotrama A, poi la B e poi la C, non sono obbligato a chiuderle per forza in sequenza C, B e poi A. Posso benissimo, dopo aver aperto A, B e C, chiudere B, poi A e poi C, o altre combinazioni che trovo utili. L'importante è ricordarsi di chiudere le parentesi, che poi entra freddo e le cose si raffreddano.

Copertina di Jon Foster
Al di là dei vari tecnicismi mi sono piaciute due frasi di Sanderson:

"It's okay to suck!", soprattutto agli inizi, soprattutto alla prima stesura.

"Figure out what works for you!", che è un po' una buona sintesi di quello che mi spinge a seguire workshop di scrittura nonostante scriva per lavoro da qualche tempo: quando si ha la fortuna di sentire uno bravo a spiegarsi, si finisce sempre per imparare qualcosa. 

Anche quando uno scrive in un modo che non mi piace, e lavora utilizzando metodi che io non trovo utili: sentire le sue ragioni del perché attua certe scelte mi costringe a trovare dei buoni motivi del perché io non le trovo utili o efficaci. Un esercizio mentale che mi aiuta a non dare per scontate certe mie scelte e a metterle in discussione, magari rifinendole e migliorandole nel tempo.

Se non mi piace come scrive, Sanderson mi pare invece uno molto bravo a spiegarsi e a tenere cattedra, che non è cosa scontata: immagino tutti noi si abbia almeno un ricordo di professore competente ma noiosissimo da sentire. Brandon invece è stato chiaro, conciso, brillante e si è sforzato di essere comprensibile pur parlando solo inglese e non utilizzando traduttore. Ha inoltre risposto a diverse domande degli studenti inserendo le risposte in maniera organica nel discorso generale, e ha consigliato alcuni libri da leggere sia per divertimento che per vedere esempi pratici di quanto discusso. In un incontro di due ore si può parlare di scrittura solo fino a un certo punto, ma è stato secondo me bravo a sfruttare il tempo in maniera utile e lasciare la voglia di approfondire diversi spunti. Tanto che nei mesi successi al workshop mi sono anche guardato un paio di sue lecture che trovate su youtube (una è qui, ma ravanate che se ne trovano altre), interessanti pure loro.

Insomma, l'idea di leggere un altro suo romanzo mi attira molto poco ma la noia provata dalla lettura di Mistborn è stata ampiamente ripagata da una lezione stimolante e ben fatta.