giovedì 7 maggio 2015

Triple Threat Watch - Mad Max Beyond The Thunderdome, o del rischio di viaggiare su una strada PG-13

Triple Threat Watch: in cui vi parlo di tre film in qualche modo collegati tra loro. Qua trovate l'intro al TTW, e qua sotto la terza entrata, dedicata a Mad Max Beyond the Thunderdome, del 1986. Qui la prima e qui la seconda. 

Mad Max Beyond the Thunderdome è un film strano, perché è fondamentalmente una commedia post-apocalittica per tutta la famiglia. Messo vicino ai suoi due predecessori (e dal poco che ho visto anche dal suo successore Fury Road) stride fortissimo per quanto riguarda il tono e l’atmosfera generale. Però è comunque coerente con i suoi fratelli, se pensiamo all’ambientazione, ai personaggi e alle regole che li governano. Provo a spiegarmi.


Ci sono di nuovo quegli elementi che hanno reso grandi i due film precedenti e che accenno solo.

Le scenografie sono efficaci e nonostante siano limitate  a pochi set ci danno comunque un’idea di profondità e coerenza. Bartertown, la boom-town in cui è ambientato metà film, è sporca, polverosa e sovrappopolata. Ne vediamo poche parti ma non è difficile immaginarsi quelle che non vediamo, grazie all’idea di Miller di farci vedere l’essenziale: le “miniere” di merda di porco, il “palazzo” da cui regna con occhio feroce Auntie, il mercato in cui si fanno e disfano le esistenze dei suoi cittadini e il Thunderdome. E il Thunderdome, arena in cui due uomini entrano per diramare una disputa e da cui solo uno ne esce vivo e, quindi, nel giusto si è accaparrato non soltanto il titolo del film ma un posticino nel cuore di molti appassionati. Una semi-cupola fatta solo di un’intelaiatura di acciaio ma che grazie all’occhio di regista e montatori sembra più grande, minacciosa e cupa di quanto sia. Lo scontro tra Max e Masterblaster a cui assistiamo sembra quasi uno degli inseguimenti dei primi film: tirato, veloce, eccitante e, ovviamente, alla morte.


I costumi, come sempre, impressionano per come riescano a colpire lo spettatore e rendere distinti e riconoscibili i personaggi. Il MasterBlaster è un gigante di carne, cuoio, borchie e violenza, roba che non mi stupirei se avesse dato un paio di idee ai creatori di Silent Hill nella creazione di Piramid Head (ma qua la sparo proprio a cazzo, sia chiaro). IronBar, il braccio destro di Auntie, grazie a una semplice testa di manichino e una parrucca risulta inquietante e ridicolo allo stesso tempo, più grande della sua minuta altezza e comunque giusto come capo delle guardie, una riga di amazzoni guerriere già alte di loro a prescindere dalla creste punk e dalle corazze da giocatori di football. Il pilota dell’aereo sembra uscito da un fumetto di Moebius (e per quanto non sia sicuro che i tempi collimino, la sua mise è troppo simile a quella del Cacciatore per non far venire il dubbio su chi ha influito chi), accompagnato da suo figlio, una copia in miniatura che risulta davvero minacciosa quando è armato del moschetto troppo lungo per lui. Persino al ragazzino che oggi definiremo qualcuno definirebbe emo (e lo farebbe per scarsezza di lessico e cattiva comprensione dei contesti) che passa il tempo a far parlare una bambola di Bugs Bunny basta apparire in scena un paio di volte per incasellarsi alla perfezione in queste lande desolate e assurde.


E i mezzi di trasporto perdono qualsiasi pretesa di realismo, sciolti dalla riconoscibilità dei modelli di partenza, per dare sfogo ai preparatori di auto di creare tutto ciò o quasi gli passa per la testa. Davvero roba che o la vedete o non ho modo di farvi capire quanto sia fica, senza senso ma comunque risulti giusta col film in cui rombano.
Tutti aspetti che io trovo ottimi e che continuano a colpire a segno anche a distanza di anni. Però se queste sono comunque variazioni su quanto visto prima, a rendere il film un’anomalia rispetto ai precedenti sono il tono e l’attitudine della pellicola.

Più su dicevo commedia per tutta la famiglia, e non è un’esagerazione. Rivedendo i film in sequenza salta all’occhio come la violenza sia stata ammorbidita mentre sia stato sottolineato l’umorismo. Quando Max arriva a Bartertown, per entrarvi deve consegnare le armi. Lo fa, ma lo fa tirando fuori un numero davvero ridicolo di armi da sotto i suoi vestiti, sotto gli occhi incuriositi degli astanti. Quando viene minacciato da una guardia che rotea le sue lame, Max spara facendogli saltare il ciuffo, quando Indiana uccide senza pensarci due volte. Che c’entra, Indiana? La scena è evidentemente ricalcata su quella più famosa di Indiana Jones, ma l’assenza di uccisione dichiara gli intenti.

Quando Max si scontra per la prima volta con IronBar il tutto sembra uno sparring, e persino quando siamo nel Thunderdome e Max combatte per la propria vita, tra faccette buffe e sbuffate siamo lontani dalla ferocia di un Toecutter o un Wez. Quando Masterblaster viene ucciso, a ucciderlo sono i cattivi del film, e la scena è più patetica che tragica, una bella differenza rispetto alle uccisioni quasi sottotono viste nelle altre pellicole.


E a proposito del Thunderdome: mi ero del tutto dimenticato del MC, il presentatore, l’imbonitore del mercato, quel Dr. Deelgood che introduce i due uomini nel ‘dome esattamente come si farebbe per due pugili, o due wrestler, e poi affabula la folla quando Max è costretto a giocare alla ruota della fortuna, per scoprire quale fato gli spetta dopo che Auntie lo accusa di non aver rispettato i patti. Ci sono persino le vallette che mostrano il funzionamento della ruota. Queste osservazioni solo per sottolineare che quando Max viene bandito da Bartertown e arriva dove ci sono i bambini, la cesura rispetto a prima c’è, ma è molto meno improvvisa di quanto ricordassi. Non dico che la cosa funzioni in maniera eccellente, ma non è come se passassimo all’improvviso dallo stupro della coppia del primo all’oasi coi bambini perduti, ecco.

Da qui in poi il senso di avventura per famiglie piglia accelerazione e le cose vanno come devono andare. Si tratta di un pigiare sul divertimento più scanzonato che sale di giri in maniera veloce ma senza strattoni, e che viene ben dichiarato e reso evidente nell’ultima sequenza, in cui finalmente arriva quello che un po’ tutti ci si aspetta da un film di Mad Max: l’inseguimento. Pure qua, inutile ripetere quanto sia fico, ben fatto, per una volta senza le maledette accelerazioni di frame e ancora oggi regga benissimo botta. E pure qua si vede bene come “meno violenza più commedia” sia stato il mantra della produzione.

Nessun buono muore, al massimo un ferito. I cattivi muoiono, ma tutto sommato non in maniera brutale. E Ironbar, che lungo tutta la pellicola è vittima di gente che lo mena in maniera più o meno buffa, qua diventa un Buster Keaton post-apocalittico e vende cara la pelle grazie a prodezze ginniche saltando da un auto all’altra.

Insomma, non c’avevo mai fatto caso, forse distratto dall’osceno mullet che Max porta per tutta la prima parte del film, ma Beyond the Thunderdome è sostanzialmente The Goonies dopo l’olocausto nucleare. Che di per se non è un problema ma paragonato agli altri due, ecco, non ne esce proprio fortissimo. Ci sarebbe da temere per il quarto, ma se questo Beyond era targato PG-13 (se non masticate sigle sul rating censorio, significa “per bambini accompagnati”) mentre il prossimo Fury Road sarà un bel R come i primi due (ovvero, niente bambini in sala).




Anche oggi vi lascio con un commento musicale che ha senso ma anche no, vi basta vedere il video per capire perché. E al di là del video, il pezzo è un pezzone. E domani il post-watch, per tirare le somme e dire cose che mi sono dimenticato di dire.

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